Fallisce la mia attività, ergo sono io un fallimento?
Giunchi*
Comprendo il suo dispiacere per il fallimento dell’attività, mentre non sono d’accordo con lei nel suo sentirsi un fallimento. Lei non è la sua attività; la invito a non identificarsi con essa perché è estremamente riduttivo della sua persona. Il suo valore non può e non deve essere paragonabile né al suo ruolo né a una realtà che, seppur importante, si risolve a un oggetto, anche se da essa provengono i proventi del suo lavoro e il mantenimento della sua famiglia. Voglio farle una domanda, per stimolare in lei, una riflessione che ritengo necessaria: ’E’ certo, fino ad ora, di aver vissuto la sua vita, oppure ha soltanto sopravvissuto?’.
Mi rendo conto della potenza di questo fondamentale quesito e la invito a non avere fretta, a non liquidarlo rapidamente per la scomodità della tensione che provoca in lei. Si prenda il tempo per ascoltarsi bene, dentro, in profondità. Fatelo quando vi sentite tristi e insoddisfatti. Sopravvivete quando non sapete rispettare voi stessi ma vivete secondo un’immagine che avete creato per difendervi o perché non vi piace, perché non vi siete mai veramente sentiti accolti e apprezzati per la persona che siete. Sopravvivete quando vi identificate con l’immagine che altri hanno creato per voi, per non deluderli. In entrambi i casi non date a voi stessi il riconoscimento che meritate. Alla lunga, le immagini in cui vi identificate stanno strette, diventano scomode, ma non sapete come disfarvene perché non sapete più veramente chi siete e cosa volete. È in quel momento che cominciate a stare male.
Ho conosciuto un titolare d’azienda che perse tutto perché non ascoltava le idee innovative dei suoi figli e non facendo nuovi investimenti fu scalzato dal mercato grazie alla concorrenza. L’incapacità di fidarsi e di delegare, di valutare con lungimiranza, la paura di rischiare essendo diventato anziano gli valsero la perdita dell’attività. Conoscevo un padre di famiglia, molto presente e molto attento, che credeva giusto accollarsi tutto il carico familiare da solo. Riconosceva il suo valore soltanto nella dimensione salvifica e solo perché dava denaro. Peccato che continuò a perderne tanto, nella sua vita, dovendo sempre ricominciare daccapo, fino a quando non capì che doveva imparare a riconoscere personalmente il suo valore e a non chiederlo agli altri. Spero di esserle stata utile Marco e la invito a sentire il suo valore. Non lo troverà se si farà divorare dai pensieri negativi restando focalizzato solo sul fallimento della sua attività! Guardi altro, tutto il resto che è positivo intorno a sé.
*psicologa e psicoterapeuta
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