Gemmano (Rimini), 2 febbraio 2024 – Gessica Giuliani nel 1996 aveva 7 anni. Era una bambina che ancora non sapeva. Non doveva sapere cos’era quella malattia che stava uccidendo suo padre. Lei non avrebbe capito.
Era la figlia di Giuliano Giuliani, campione d’Italia con il Napoli nel 1990, stroncato dall’Aids sei anni dopo.
Gessica avrebbe meritato di vivere nel ricordo di un papà amato dal mondo del calcio, a cui aveva dato tutto. Invece il nome di suo padre è precipitato in un buco nero di solitudine e oblio.
Isolato e abbandonato da tutti.
Prima di morire a 38 anni è stato un grande portiere, l’unico ad aver parato due rigori a Maradona, quando difendeva i pali del Verona.
Poi a Napoli ha giocato con il Pibe de Oro e per questo ancora qualcuno lo ricorda. Sulla Coppa Uefa del 1989 e sullo scudetto dell’anno dopo ci sono anche i suoi guantoni.
Giuliano Giuliani con la maglia del Napoli nell’anno della vittoria dello scudetto, con il compagno Diego Armando Maradona Sotto Giuliani insieme alla figlia. A destra Gessica, oggi 34enne e residente nel comune di Gemmano, in provincia di Rimini
Il 14 novembre 1996 muore a Bologna nel reparto di malattie infettive del Sant’Orsola. Quel giorno aveva accompagnato a scuola la figlia Gessica. Lei gli teneva la mano e non sapeva ancora che sarebbe stata l’ultima volta che avrebbe visto suo padre.
“Ho un ricordo preciso di quei giorni, piangevo come una pazza, a scuola la maestra mi ha tenuto seduta accanto a lei alla cattedra per mesi”.
Giuliani aveva l’Aids. Il contagio anni prima, forse alla festa d’addio al celibato di Maradona in Argentina.
Ai tempi dell’Udinese, sua ultima squadra, era stato arrestato per detenzione e spaccio di droga, venendo poi subito scagionato.
Il calcio italiano lo ha rimosso ancora prima della sua morte. “Venivo tenuta in una bolla di vetro, al punto che ho scoperto da sola la sua malattia a 18 anni – racconta Gessica – facendo una ricerca per il diploma al liceo linguistico. Mi avevano sempre detto che era morto per un tumore ai polmoni. E conoscere la verità in quel modo è stato orrendo”.
Il giornalista Paolo Tomaselli ha scritto un bel libro “Giuliano Giuliani, più solo di un portiere”, ricordando l’uomo e il giocatore. Al funerale, il Napoli mandò solo uno stendardo, per il resto pochi calciatori come Alessandro Altobelli e Ciccio Graziani.
“Ma è stato un buon padre, per quel poco che posso ricordare”, dice Gessica che vive con una figlia di 13 anni a Gemmano, sulle colline non distanti da Rimini. Oggi ha una vita serena. Ma il dolore è ancora tanto. “Come è devastante il pensiero che mio padre sia stato dimenticato. Non lo meritava”.
Gessica ha 34 anni, la morte del papà è ancora una ferita che sta lì e ogni tanto capita che torni a sanguinare, come alcune vicende legate a una eredità che sarebbe dovuta spettare a lei.
“Forse sono troppo buona, come mio padre. E alla fine gli altri ne approfittano”.
La morte di Giuliani fu un grande dolore, sia a Verona sia a Napoli.
In entrambi i casi era andato a rimpiazzare Garella. Aveva fatto la riserva di Tacconi in Nazionale alle Olimpiadi di Seul, nel 1988, prima di finire alla corte di Maradona. Aveva mille idee in testa, non solo il calcio.
Aveva un negozio di abbigliamento, disegnava le maglie con cui giocava e le commercializzava. Era cresciuto dagli zii ad Arezzo, diplomato geometra ed era esploso a Como. Era sposato con Raffaella Del Rosario, modella e conduttrice tv. Aveva sofferto la perdita della madre, uccisa dal suo compagno, in Germania.
“Sento di non aver superato mai la morte di mio padre – dice Gessica –, anche per questo ho fatto tanti errori con i miei fidanzati, ma oggi sono orgogliosa che mia figlia abbia il nome di papà (Giuliana, ndr)”. Giuliano Giuliani amava la vita, chi l’ha conosciuto dice di lui che era una persona seria e corretta. Perbene.
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