I nodi del lavoro: “Cerchiamo personale per la nostra officina. Impresa impossibile”
Il lavoro è un po’ tutta la sua vita, più le ore a sistemare bozzi e ammaccature sulle auto di quelle trascorse a casa, i piedi sotto la tavola. Ha cominciato a 14 anni Daniele Benazzi a fare il carrozziere, adesso ne ha 68 di anni e ancora non riesce ad andare in pensione. Ha visto le vecchie 1100 Fiat, quasi scatoloni di ferro, trasformarsi. Diventare sotto il segno dei tempi Uno, Punto e Grande Punto. Ma non avrebbe mai immaginato, lui che ha i segni della tuta sulla pelle, di non riuscire a trovare dipendenti.
“Nessuno vuole fare più questo lavoro – sbotta – e pensare che quando ho cominciato io ad andare a bottega, i ragazzi facevano la fila per diventare meccanici, per lavorare nel mondo dei motori e delle auto. E’ tutto cambiato, il mondo è cambiato”. In peggio sembra ancora voler dire. Si ferma, fa una pausa mentre la segretaria sistema la contabilità. La guarda: “Ormai siamo diventati ragionieri”, dice e scuote la testa. Poi riparte, un fiume in piena. Indica una tuta, le scarpette antinfortunistiche. Sono nuove. “E’ certo – esclama –, vi racconto anche perché sono rimaste nuove, perché sono state usate solo per alcuni giorni. Poi più. Le avevo comprate per il ragazzo che era venuto da noi a fare uno stage, era stato mandato da una scuola superiore”. Una pausa, chiede alla segretaria la scuola. “Sì, l’istituto Carducci. Volete sapere quanto ha resistito? Ve lo dico io, un giorno. E quella tuta con gli scarponcini è rimasta lì. Stiamo parlando di un ragazzo di 20 anni, ragazzi che potrebbero costruire qui un loro futuro. Eppure… “. E, tra carrozzerie, viti e bulloni, le porte sono aperte. “Siamo in sei, ho un bel po’ di personale, il lavoro non ci manca – sottolinea –, siamo pronti ad assumere, cerchiamo da sempre qualcuno che voglia fare il nostro mestiere. Un’impresa impossibile e non da ora, da anni siamo ridotti in queste condizioni, sono anni che stiamo cercando”. La sua morale non ha peli sulla lingua. “Io quando ero ragazzo facevo otto ore sotto padrone, poi andavo a lavorare da un altro per imparare. Non c’erano né sabato né domenica. Allora si lavorava, adesso è tutto dovuto. Non vogliono fare sacrifici. E io che pensavo di rallentare un po’ adesso che ho 65 anni, invece sono costretto a rimboccarmi le maniche ancora di più. Siamo messi anche noi come gli agricoltori che protestano”. Trattori e bulloni che non girano.
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