Matteo Messina Denaro parla due mesi prima di morire: «Latitante libero di fare quello che mi pareva, la mia famiglia rovinata»

matteo messina denaro parla due mesi prima di morire: «latitante libero di fare quello che mi pareva, la mia famiglia rovinata»

Matteo Messina Denaro parla due mesi prima di morire: «Latitante libero di fare quello che mi pareva, la mia famiglia rovinata»

Dalla sua vita di indisturbato latitante all’attentato costato la vita a Giovanni Falcone. Ecco quello che ha detto Matteo Messina Denaro ai magistrati due mesi prima di morire:  «Non sono interessato, poi nella vita mai dire mai intendiamoci. Io non sono stato mai un assolutista nel senso che non è che perché dico una cosa sarà sempe quella, io nella mia vita ho cambiato tante volte idea, però con delle basi solide…». È il 7 luglio del 2023 e Matteo Messina Denaro, consapevole di essere alla fine della vita apre uno spriaglio e risponde così al procuratore aggiunto di Palermo Paolo Guido che lo invita a contribuire «a ricostruire dei pezzetti di verità». Il verbale è stato depositato oggi all’udienza preliminare a carico dell’amante storica del boss, Laura Bonafede.

Giovanni Falcone

«Ma ci sono cose, però, che, per esempio, nessuno è mai arrivato, perché a me mi sembra un poco riduttivo dire che a Falcone lo hanno ucciso per la sentenza del maxi processo. Se poi voi siete contenti di ciò, bene venga, sono fatti vostri, ma la base di partenza non è questa…». Insinuava verità ancora da scoprire sulla strage di Capaci il boss Messina Denaro. «Quello che sto dicendo è verità… ognuno poi, nella vita… tutti questi, chiamiamoli pentiti, che hanno detto… hanno detto, sì, qualche pezzo di verità, gli hanno fatto fare dei processi, va bene; ma ognuno ha portato acqua al suo mulino poi. Poi, se per portare acqua al suo mulino, dicono cose anche che possono coincidere con quello che cercate voi o con quello che interessa a voi, ben venga, giusto? », continua. «Voi siete contentati che il giudice Falcone sia stato ucciso, perché ha fatto dare 11 ergastoli? Perché di 11/12 ergastoli si trattava, nel maxi processo, credo, ma credo che questi siano…», insiste insinuando moventi complessi che poi, però, non spiega. Messina Denaro definisce l’attentato di Capaci come la «cosa più importante, quella da dove nasce tutto, le stragi, l’input».

E con fare accusatorio, alludendo al depistaggio delle indagini sull’attentato costato la vita al giudice Paolo Borsellino, prosegue: «Perché vi siete fermati a La Barbera, La Barbera era all’apice di qualcosa», riferendosi all’ex poliziotto ritenuto la mente dell’inquinamento dell’inchiesta che ha portato alla condanna di innocenti. «Se fosse vivo ci sareste arrivati o vi sareste fermati un gradino prima?», chiede ai pm.

Libero

«Che vita facevo a Palermo? Libero come quella di Campobello, perché bene o male voi avete scandagliato quella di Campobello (il paese in cui ha trascorso gran parte della latitanza ndr), ma in genere sempre quella vita faccio, cioè lo stesso fac-simile».

«Le mie amicizie non è che iniziano e finiscono solo nel mondo che voi considerate mafioso, non è così, le mie amicizie erano dovunque», aggiungeva. Il capomafia ha anche raccontato di essersi fatto dei tatuaggi nel centro del capoluogo tra il 2006 e il 2009 e di essersi fatto curare periodicamente da un dentista. «Non ho mai distinto tra ricchi e poveri, – proseguiva – ovviamente se dovevo frequentare una persona povera non ci andavo col Rolex per una forma di educazione, se invece ero per i fatti miei con persone come me non avevo problemi, cioè non avevo quella forma di annacamento (vanto ndr), non volevo dimostrare niente».

La famiglia

«Io ho una famiglia rovinata… ma alla fin fine quale colpa ho avuto io? Posso avere colpe personali: impiccatemi, datemi tutti gli ergastoli che volete; ma che la mia famiglia sta pagando da una vita questo tipo di rapporto con me, perché mi viene sorella o mi viene fratello…».  «Io so soltanto una cosa – aggiunge – che, però non sto facendo nessun atto di accusa, quello che… che mi avete distrutto una famiglia, rasa al suolo, ci sono dei sistemi che non vanno, lasciamo stare le condanne, ci sono dei sistemi che non vanno; ora sento dire: case distrutte… perché mia mamma che è: latitante o mafiosa? Lei…la legge, lo Stato gli ha distrutto la casa, i mobili fatti a pezzettini. Cioè dove lo volete trovare un dialogo, quando ci sono questi comportamenti?», dice ai magistrati mostrando un evidente risentimento.

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