“Noi difendiamo l’interesse nazionale”. Meloni inchioda Stellantis alle sue colpe
Un mese dopo avere rinunciato il confronto ad Atreju – e in attesa di quello televisivo previsto nell’imminenza delle elezioni europee – Elly Schlein coglie l’occasione del “Premier Question Time” alla Camera dei Deputati per mettere in scena un primo piccolo assaggio di quello che poi sarà il ben più lungo faccia a faccia con Giorgia Meloni. Al classico dibattito parlamentare con domanda e risposta immediata ha partecipato anche Giuseppe Conte, ancora interdetto per non essere stato invitato da Fratelli d’Italia alla sua festa di Castel Sant’Angelo poco prima di Natale e in pieno scontro con il presidente del Consiglio sul “caso Mes” per il quale a breve arriverà il responso del Giurì d’onore.
L’azione del governo sul caso Stellantis
Prima dei temi europei e sanitari, Meloni aveva risposto ad altre interpellanze parlamentari. Sul caso Stellantis-Magneti Marelli, fatto emergere in Aula dal gruppo di Azione, la premier conferma che il suo governo “difenderà gli interessi nazionali”, e “instaurerà chiaramente un rapporto che sia equilibrato con Stellantis” per “difendere la produzione in Italia, i livelli occupazionali e tutto l’indotto dell’automotive”. Inoltre “vogliamo tornare a produrre in Italia almeno un milione di veicoli l’anno” ma “se si vuole vendere un’auto sul mercato mondiale pubblicizzandola come gioiello italiano, allora quell’auto deve essere prodotta in Italia: questa è un’altra questione che noi intendiamo porre, queste sono le regole con l’attuale governo e valgono per tutti”.
“Il gruppo Fiat e i marchi italiani collegati rappresentano una parte importante della storia industriale nazionale e un patrimonio che merita la massima attenzione, e questo credo significhi avere anche il coraggio di criticare le scelte del management, come lo spostamento della sede fiscale all’estero, o l’operazione di presunta fusione tra il gruppo italiano Fca e il gruppo francese Psa che celava in realtà un’acquisizione da parte francese dello storico gruppo italiano tanto che oggi nel cda di Stellantis siede un rappresentante del governo francese”. E quindi non è un caso “se le scelte industriali del gruppo tengano conto molto più delle istanze francesi. In Italia siamo passati da oltre un milione di auto prodotte nel 2017 a 700mila nel 2022. In Italia sono andati persi oltre 7mila posti di lavoro. Noi vogliamo difendere l’interesse nazionale, instaurare un rapporto equilibrato con Stellantis, e il ministro Urso ha incontrato più volte le persone in questione per difendere i posti di lavoro”.
Il governo Meloni ha dunque “previsto incentivi e misure di sostegno per attrarre nuovi investitori e costruttori. In ultimo abbiamo modificato le norme incentivando chi torna a produrre in Italia e scoraggiando chi delocalizza, che dovrà restituire ogni beneficio o agevolazione pubblica ricevuto negli ultimi dieci anni. Vogliamo tornare a oltre un milione di auto prodotte in Italia. Se si vuole vendere un’auto sul mercato mondiale pubblicizzandola come gioiello italiano, quell’auto deve essere prodotta in Italia”.
Lo scontro con Giuseppe Conte
L’incrocio a Montecitorio tra i tre leader di partito arriva verso la conclusione del Question Time. Il Movimento Cinque Stelle, tramite il suo capogruppo Francesco Silvestri, interroga il capo del governo sulle modifiche all’accordo sulla riforma del Patto di stabilità e crescita raggiunto in sede Ecofin a dicembre 2023. “Dal governo Conte abbiamo ereditato un disastro in materia di bilancio” , è la pronta replica di Meloni, la quale ricorda la “ristrutturazione gratuita delle seconde e terze case” con cui Conte tentava che ci sarebbe servita “maggiore flessibilità, è possibile che qualcuno ti guardi con diffidenza”. Nonostante questo, l’attuale esecutivo “è riuscito ad impedire alle regole precedenti del patto di stabilità” e ora il nuovo Patto “supera le regole irrealistiche del precedente e questo penso sia un merito dell’Italia”. La nuova governance economica prevede una fase transitoria e una fase a regime: “A regime, in materia di debito, il vecchio patto prevedeva per i Paesi con un debito superiore al 60% del PIL il rientro di un ventunesimo l’anno, per l’Italia cioè una riduzione di almeno il 4% annuo. Le nuove regole prevedono per chi ha un debito superiore a 90% una riduzione media dell’1% annuo”.
Conte non la prende per niente bene e ribatte: “Lei ha illuso gli italiani dicendo che sarebbe andata a Bruxelles e che avrebbe fatto tremare l’Europa. Qui a tremare è l’Italia”. L’ex presidente del Consiglio sostiene inoltre di avere “portato all’Italia i soldi del Pnrr, lei ha portato meno 12 miliardi che sono tagli alla sanità, tagli alle pesnioni. Lei è ossessionata dall’ecobonus, ma la più grande truffa del secolo è il programma farlocco presentato agli elettori. Patriota come è cede poste e ferrovie, lei è Re Mida al contrario, quello che tocca distrugge, faccia anche meno, può darsi faccia meno danni”. C’è da dire che in precedenza non era mancata già una bella frecciatina della premier nei confronti dei grillini parlando del nuovo assegno di inclusione: “In questo caso, a differenza del reddito di cittadinanza, i controlli sono stati fatti prima e non dopo”. Aggiungendo: “Se non sei disponibile a lavorare, non puoi pretendere di essere mantenuto con i soldi di chi lavora ogni giorno”.
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