Dalla Basilicata al Piemonte, ora i centristi Renzi e Calenda danno le carte. Ecco perché
Il mai nato terzo polo si è fatto forte del risultato in Basilicata e ha alzato il tiro sui due schieramenti, nella speranza di rimescolare le carte in vista delle Europee, dove la soglia del 4% sarà un test della verità. L’ 8 e 9 giugno Azione e Iv andranno separate, ma intanto nel mirino hanno messo il Pd, che in Basilicata si è alleato col M5s, e pure le forze di centrodestra, a cui Matteo Renzi e Carlo Calenda sperano di portar via voti, pescando magari nei moderati di Forza Italia o negli scontenti della Lega.
In Basilicata, sia Azione sia Orgoglio lucano, dove è confluito Iv, hanno preso più del 7%. Un risultato sostanziale (visto che fra il candidato di centrodestra Vito Bardi e quello progressista Piero Marrese ci sono 14 punti) ma su cui incidono due fattori: l’esiguità del bacino elettorale – hanno votato in 280 mila – e il peso di Marcello Pittella, il secondo consigliere più votato, che ha trascinato Azione. «In Basilicata si vince al centro – ha twittato Renzi – Bardi ha scelto noi e ha vinto. Il Pd ha scelto il M5s e ha perso. Tutto il resto è noia».
Alle forze di centro si guarda con attenzione, specie per due appuntamenti a breve scadenza: in vista della mozione di sfiducia al governatore Michele Emiliano, in programma il 7 maggio, in Puglia sono tenute d’occhio le intenzioni dei tre consiglieri di Azione, anche se non paiono determinanti. Mentre in Piemonte – dove Pd e M5s corrono divisi – si attendono le mosse di Iv, che sembra orientata verso il centrosinistra, e di Azione, che pare puntare al governatore uscente di centrodestra, Alberto Cirio.
Nell’area progressista, invece, la sconfitta in Basilicata ha reso più complicato un periodo già piuttosto problematico. Il M5s è uscito dalle urne ridimensionato: il 7% contro il 20% del 2019. Mentre nel Pd, che ha portato a casa il 13,9%, la segretaria Elly Schlein deve fare i conti con le ripercussioni delle divisioni sul simbolo e con i maldipancia per le alleanze, alimentati dalla stoccata di Giuseppe Conte sul Patto di Stabilità: «Non mi capacito del perché il M5S sia rimasto solo a votare contro un accordo che taglia le gambe alla crescita dell’Europa e dell’Italia». Il presidente M5s ha citato esplicitamente le forze di governo, ma l’uscita è suonata come una critica all’astensione anche del Pd.
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