majo
Essere juventini a Milano nell’Anno del Signore 2024.
Tornare la sera sotto la pioggia da un’iniziativa a Rho sulla sanità organizzata da Carlo Borghetti (bella serata eh per carità).
Non aver cenato causa precedente iniziativa del Pd con Giorgio Gori e Cecilia Strada sull’immigrazione (ancora più bella e riuscita eh, per carità).
Prendere dunque, verso le ore 23, vista la cancellazione di tutti i treni da Rho verso Milano di Trenord e soci la metropolitana linea rossa, passare, inevitabilmente, tutte le stazioni prima e dopo la zona dello stadio, ascoltare cori di interisti pigiati, bevuti e scatenati (su quelli su Balotelli e i campi di cotone avrei qualcosa da dire ma il razzismo è assai trasversale sia chiaro), dover scendere a Cordusio perché il cambio in Duomo con la linea gialla diventava irrealizzabile vista la chiusura inevitabile della fermata medesima.
Percorrere a piedi il breve ma affollato tratto tra Cordusio e Missori tra pozzanghere e fumogeni. Ammirare i lavoratori di Amsa (sempre siano lodati che son dei grandi) gioire e strombazzare più dei tifosi in borghese.
Riprendere la metropolitana linea gialla verso Porta Romana in vagone inevitabilmente affollato da ragazzi con sciarpe nearazzurre gioiosi e strafottenti e consolarsi con i sociologismi da cinquantenne politico di sinistra su quanto le seconde generazioni del Corvetto e di Corso Lodi siano più milanesi, oramai, pure nei difetti, di tanti razzisti della curva accanto.
Arrivare a casa verso mezzanotte e mezza.
Mangiare (non riuscendo per ragioni di mole ad optare per un ragionato digiuno) mentre tua moglie che sta per partire per Londra manco ti sorride e canta con tutti quei chilometri che ha fatto per te – e non sei tu- e l’Internazionale che c’è (e non è l’Internazionale di Lenin).
Riprendere la mattina milanese con i messaggi e i simpatici meme dei milioni di amici interisti che sei così felice di avere, che amabilmente peraltro ti coccolano dai tuoi sei anni, anche quando i messaggi via whatsapp non c’erano. Ricevere i simpatici meme di Pietro Bussolati tra gli altri.
Avere la gioia, finalmente – dopo tanto peregrinare e soffrire – di ristorarti affettivamente accompagnando tua figlia alla scuola materna. E sentirti canticchiare dalla creatura per tutto il tragitto sotto la pioggerellina: “Internazionaleee c’èeeeee…”.
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