«Le aziende italiane investano in Paraguay, abbiamo bisogno del vostro sapere»
Santiago Peña è presidente del Paraguay da 3 mesi. Ha scelto l’Italia per il suo primo viaggio in Europa. Ex banchiere centrale, economista, quando lavorava per il Fondo monetario internazionale piazzò il primo bond del suo Paese sul mercato americano, con non poche difficoltà: negli uffici dell’agenzia Bloomberg gli ripetevano che il suo Stato non esisteva nelle mappe finanziarie globali.
Oggi Peña sarà ricevuto dal Papa, domani mattina da Sergio Mattarella. Fra poche settimane per la prima volta nella sua storia il Paraguay entrerà nella griglia dei Paesi soggetti a rating dalle principali agenzie e riceverà giudizi positivi di investimenti rivolti alle imprese di tutto il mondo.
Perché l’Italia come prima visita europea? «Perché abbiamo un ambizioso programma di sviluppo e cooperazione e crediamo che l’Italia sia strategica con la sua manifattura, il suo know how e le sua capacità di investire all’estero».
Conosce Giorgia Meloni? «La seguo con grande attenzione e voglio costruire un’alleanza politica solida con lei, che spero di poter incontrare presto. Esistono enormi legami fra i nostri due Paesi, a cominciare dalla nostra grande cultura e osservanza cattolica».
Il Paraguay è il primo produttore al mondo di energia idroelettrica ed è all’avanguardia della transizione green, come l’Uruguay. Perché l’Italia investe un quarto della Francia nel vostro Paese? «Agli imprenditori italiani dico che il nostro Paese conta molto più di quello che appare, garantisce grande stabilità, è una terra fertile più grande del territorio della Germania, ha enormi potenziali nella produzione di energia pulita e solare, è al centro di un sistema di fiumi di 5 Stati che garantisce spostamento di merci e connessione internazionale».
Cosa offrite che non hanno già Argentina e Brasile? «Siamo nazioni sorelle, ma noi cresciamo in modo stabile, non abbiamo inflazione, non conosciamo instabilità politica, molte grandi aziende, coreane come taiwanesi, francesi come spagnole, si stanno spostando nel nostro mercato. Fiscalmente abbiamo un terreno fertile: non abbiamo la tassazione alta e confiscatoria dei nostri vicini, abbiamo la regola del 10-10-10, 10% per Iva, persone fisiche e aziende».
Cosa pensa dei negoziati infiniti fra Mercosur ed Unione europea. Perché 20 anni senza un accordo? «Paura europea, protezionismo, ma al primo posto c’è un vuoto di ambizione da parte europea. La vostra industria e i nostri prodotti naturali sono un matrimonio naturale. C’è spazio per una soluzione win win per entrambi, e credo che solo la leadership di Lula sarà in grado in portare a conclusione un accordo di successo per entrambe le sponde dell’Atlantico».
Cosa direbbe a una grande azienda di energia italiana per convincerla ad investire in Paraguay? «Sul mio Paese, che una volta veniva definito un’isola circondata dalla terra, ci sono molte incomprensioni e un ritardo non piccolo di conoscenza. Sicuramente dobbiamo fare meglio per farci conoscere. Siamo un piccolo Stato ma probabilmente il più stabile del Sudamerica, con enormi potenziali di investimento e una rapida transizione verso un’economia sostenibile in tutti i settori, da quello dell’energia all’agro-alimentare. Abbiamo appena varato una legislazione sui crediti di carbonio che è all’avanguardia a livello internazionale (stiamo con Singapore), aziende estoni che eccellono stanno supervisionando per noi una transizione digitale a 360 gradi, abbiamo ottimi rapporti con le imprese cinesi ma una relazione di profonda cooperazione con il sistema economico di Taiwan».
Avete un’economia neutrale? «Non ci interessa guardare a destra o a sinistra, ma solo guardare avanti e raccontare il grande potenziale del mio Paese. Guardi un video sulla diga di Itaipu e vedrà di cosa siamo capaci».
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