Pensioni e Quota 41, tetti e importi ricalcolati: “costerà” anticipare l’uscita
La riforma delle pensioni che ha in mente il governo è nei fatti già scritta. O quasi. Basta saper leggere tra le righe degli interventi introdotti con l’ultima manovra di bilancio. Che danno più di una traccia del futuro del sistema previdenziale italiano.
L’assegno
Le linee direttrici sono sostanzialmente due. La prima. L’età della pensione è di 67 anni, e gradualmente crescerà con l’aumentare della speranza di vita (nel 2030 salirà di un mese, nel 2040 di un anno e un mese). Chi lavora fino alla vecchiaia avrà diritto all’assegno pieno. Il secondo punto, più delicato. Cosa accadrà a chi vorrà anticipare il pensionamento? Qualunque sia il sistema che sarà introdotto, avrà molto probabilmente due capisaldi. Il primo è il ricalcolo contributivo dell’assegno. L’importo della pensione sarà più basso, anche del 20-25 per cento. Il secondo caposaldo ha preso forma nell’ultima versione sia di Quota 103 che del pensionamento anticipato a 64 anni di età per chi è interamente nel sistema contributivo. Si tratta di un “tetto” all’assegno.
Il ricalcolo
Nel primo caso è stato fissato a 4 volte quello minimo, nel secondo a cinque volte. Un tetto da applicare “a tempo”, fino a quando non si raggiungono i 67 anni. La direzione, insomma, è spingere sempre più persone a lavorare fino al compimento dell’età di vecchiaia, rendendo costoso l’uso di qualsiasi scivolo. In questo quadro non sarebbe probabilmente proibitivo nemmeno orientarsi su Quota 41 chiesta dalla Lega. Se l’assegno sarà riconteggiato con il più penalizzante sistema oggi usato per il calcolo della pensione dei giovani, il meccanismo dovrebbe tenere.
L’uscita anticipata
È probabilmente quel principio di “giustizia” al quale ha fatto riferimento Giorgia Meloni. Fino ad oggi sono stati i giovani a pagare il prezzo della sostenibilità del sistema previdenziale, con un metodo di calcolo più penalizzante (ma equo) dei loro assegni. Ora lo sforzo sarà richiesto a chiunque voglia anticipare il ritiro.
Insomma il tempo dei piccoli interventi è finito. «Il tema delle pensioni va affrontato in maniera più organica di quanto fatto finora, anche da noi» ha riconosciuto Meloni nella Conferenza stampa di inizio anno. Natalità e sostenibilità previdenziale, nei ragionamenti di palazzo Chigi, sono due facce della stessa medaglia e si tengono tra loro. E non a caso, nell’ultima legge di Bilancio, il governo è intervenuto su entrambi i fronti. Ma è ben chiaro, nella strategia della maggioranza che occorre fare molto di più.
Le famiglie
Sul fronte famiglie l’esecutivo ha messo sul piatto un miliardo di euro. Tra le novità il fatto che lo Stato pagherà i contributi previdenziali a carico del lavoratore per le madri con due figli o più e che gli asili nido saranno gratis dal secondo figlio in poi. «Vogliamo stabilire – disse Meloni presentando la manovra – che una donna che mette al mondo almeno due figli ha già offerto un importante contributo alla società e quindi lo Stato in parte compensa pagando i contributi». La scelta della decontribuzione, ma anche dell’asilo gratis, nasce dalla constatazione, come più volte detto dalla ministra per le pari opportunità, Eugenia Roccella, citando le rilevazioni dell’Istat, «che la famiglia con due figli rimane il desiderio più frequentemente espresso dalle donne italiane ma non riesce ad essere realizzato».
I congedi parentali
Una misura che al tempo stesso è stata messa in campo anche per combattere le tante dimissioni dal lavoro, come testimoniano i dati, a cui le madri sempre più spesso sono costrette. Il pacchetto per aiutare le famiglie prevede anche il potenziamento dei congedi parentali: madre o padre per dieci mesi potranno prendere un congedo dal lavoro per dieci mesi. In precedenza il primo mese di congedo dal lavoro era al 30% dello stipendio e nella scorsa legge di bilancio era stato aumentato all’80% dello stipendio, con la nuova manovra il secondo mese passa dal 30% al 60% dello stipendio. Inoltre gli investimenti in titoli di Stato vengono scorporati dal calcolo Isee visto che questa scelta di gestire i risparmi viene di solito fatta dalle famiglie.
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